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SVIZZERAPyrolyzed, granitici e roventi

27.11.17 - 06:00
Elio Monn narra la genesi di “Meander” (Coffindodgers United, 16 novembre 2017), il primo album della sua band, i Pyrolyzed
Pyrolyzed, granitici e roventi
Elio Monn narra la genesi di “Meander” (Coffindodgers United, 16 novembre 2017), il primo album della sua band, i Pyrolyzed

ZURIGO - A quasi quattro anni dalla realizzazione di “Float ep” (Coffindodgers United, 24 gennaio 2014), prima produzione venuta alla luce a distanza di pochi mesi dalla costituzione del combo, qualche giorno fa il gruppo ha riversato su microsolco (in un’edizione limitata a 100 copie) otto nuove composizioni.

Un album ammaliante (che in cd e in digitale raccoglie una hidden track, aggregata in coda all’ottava traccia), attraverso cui la band zurighese - oggi condivisa da Elio Monn (voce, chitarra), Leo Künzle (basso, voce) e Mathias Baumann (batteria, percussioni) - seziona l’amalgama sonoro sperimentato nell’ep - nutrito, a tratti, da incursioni prog oriented -, recuperando l’essenza prettamente noise/stoner del progetto, per poi elaborarla e celebrarla nella sua massima espressione.

Elio, raccontami le origini del gruppo…

«Il progetto è nato sul finire del 2012, negli istanti in cui io e Mathias ci siamo conosciuti. Leo e Dimitri Gassmann (voce, chitarra) si sono aggregati a noi qualche tempo dopo…».

Che ascoltavate?

«Smashing Pumpkins, Refused, Sonic Youth… Anche A Perfect Circle, ma Dimitri in particolare...».

Vuoi spiegarmi la scelta del nome della band, Pyrolyzed?

«La pirolisi (Pyrolysis) è un processo di decomposizione termochimica di materiale organico… Di tale processo la nostra è una trasposizione sonora...».

Dopo la realizzazione dell’ep Dimitri ha lasciato la band. Per quale motivo?

«Gli studi in medicina avevano preso il sopravvento… Il tempo non gli bastava più...».

Da “Float” fuoriescono risonanze prog che non si sentono nell’album…

«L’indirizzo prog è di Dimitri. Le strutture musicali e i testi contenuti nell’ep sono i suoi...».

Cosa vuoi dirmi del processo di lavorazione dell’album?

«Abbiamo iniziato a focalizzarci sulle nuove canzoni sul finire del 2015, incominciando a registrare nel gennaio 2016 tra le mura della nostra sala prove, dove Mathias (colui alla guida dei SunSetStudios di Wallisellen, ndr), con l’intento di incidere ogni session, ha collocato per quasi un anno parte delle sue apparecchiature…».

Il concepimento dei brani ora è un lavoro collettivo, quindi?

«Sì, ma soltanto per le strutture musicali... I testi li ho scritti io in seconda battuta…».

Vuoi entrare nel dettaglio dei versi?

«Raccolgono le mie sensazioni del momento… Per l’ascoltatore, almeno inizialmente, non credo possano avere un senso compiuto…».

Il missaggio è il vostro: cosa vuoi dirmi al riguardo?

«Quanto trasuda dal disco è il secondo mix. Del primo non eravamo convinti…».

E del master, che vuoi dirmi?

«Lo abbiamo affidato ad Urs Weber (PowerPlay Studios, Maur)».

Cosa hai ascoltato in particolare durante l’intero processo di lavorazione del disco?

«I Windhand…».

Pensi che in qualche modo abbiano influenzato l’album?

«No, non credo...

Qual è l’ultimo disco che hai comprato?

«“Villains” (Matador Records, 25 agosto 2017)  dei Queens Of The Stone Age».

Ti piace?

«Non mi convince la produzione di Mark Ronson…».

Non mi pare che abbiate già suonato da queste parti…

«No, non ancora... In primavera o in estate magari potrà capitare...».

Guarda la presentazione dell'album: video 

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