In Italia comincia la protesta contro «un inutile balzello», in vigore da gennaio 2018: sui social spopolano già immagini di etichette incollate sulla buccia
ROMA - Fatta la legge, trovato l'inganno. Addio plastica per confezionare la frutta e la verdura nei supermercati: dal 1° gennaio, in Italia, i sacchetti sono biodegradabili e soprattutto a pagamento. Prezzo a discrezione del negoziante, anche se la tendenza, su una forbice consigliata fra i 2 e i 10 centesimi, è ad applicare l'importo più basso. Per un giro d'affari che, comunque, stimano i quotidiani locali, potrebbe valere fino a «400 milioni di euro l'anno» per la MaterBi, azienda che ha inventato le buste a base di mais. Non fosse che la gente non ha perso tempo e ha subito cominciato a boicottarle.
Considerate «un inutile balzello» che «non ha nulla a che vedere con l’ambiente e con la lotta al consumo di plastica», dichiara il Codacons, hanno visto i consumatori ingegnarsi pur di lasciarle lì inutilizzate. Come? Lo svelano i social, dove spopolano, postate e/o condivise, immagini di mele, banane e arance pesate a una a una, con relativa etichetta incollata sulla buccia. Scattate ad arte, ma testimoni di una battaglia che forse finirà nel niente, ma intanto è diventata un segnale forte.
Perché alternative più serie esistono, dice il popolo di Facebook. C'è chi, per questo, plaude alla Svizzera, che ha introdotto già da qualche mese le "multi-bag": «Sacchetti a retina, riutilizzabili e lavabili in lavatrice a 30°C, su cui si possono attaccare e staccare le etichette con il prezzo dei prodotti acquistati». Chi, invece, sottolinea la contraddizione: che senso ha utilizzare buste riciclabili quando non v'è obbligo poi di applicare etichette compostabili? Non sarà, si insinua, che la lotta all'inquinamento è solo un pretesto?