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RUSSIAKamikaze di San Pietroburgo, quello che sappiamo fino ad ora

04.04.17 - 21:04
Il quadro inizia a farsi più nitido all'indomani dell'attacco terroristico a San Pietroburgo
Kamikaze di San Pietroburgo, quello che sappiamo fino ad ora
Il quadro inizia a farsi più nitido all'indomani dell'attacco terroristico a San Pietroburgo

MOSCA - All'indomani dell'attacco terroristico a San Pietroburgo - che è costato la vita a 14 persone e ha fatto registrare 49 feriti, molti dei quali in gravi condizioni - il quadro inizia a farsi più nitido. Il responsabile dell'attentato è stato finalmente individuato: si tratta del 22enne Akbardjon Djalilov, originario del Kirghizistan. E probabilmente si è fatto esplodere nel vagone della linea blu della metropolitana.

L'incubo kamikaze si sarebbe dunque avverato. Il condizionale però è d'obbligo. Se, infatti, i resti dell'attentatore, così come sono stati rinvenuti, sono per gli inquirenti del Comitato Investigativo "compatibili" con lo scenario dell'attacco suicida, i dettagli emersi dalle indagini preliminari sul secondo ordigno, quello rinvenuto (inesploso) nella stazione di Ploshchad Vosstaniya potrebbero mutare ancora il quadro.

Secondo fonti bene informate citate da diversi media russi, quella bomba, del tutto simile all'ordigno usato da Djalilov per composizione e fattura, sebbene molto più potente, era collegata ad un cellulare e non a un «meccanismo ad orologeria». Circostanza che porta gli inquirenti a «non escludere» che pure la bomba trasportata da Djalilov possa essere stata innescata «a distanza» dai complici del ragazzo, che forse «controllavano i suoi movimenti».

L'azione dunque non è stata compiuta da un lupo solitario ma da «una cellula», tant'è vero che gli inquirenti starebbero valutando le posizioni di altri due ragazzi sulla ventina, sempre originari dell'Asia Centrale. Anzi, stando a quanto ricostruito dal quotidiano Kommersant, i servizi segreti «sapevano» che l'ex capitale degli zar era nel mirino degli estremisti e stavano cercando di bloccare l'attacco, ma erano riusciti a individuare - e 'agganciare' - solo un elemento di «basso rango gerarchico», che non aveva accesso alle informazioni privilegiate dei capi. I servizi sarebbero comunque intervenuti tempestivamente disattivando la rete di telefonia mobile della Ploshchad Vosstaniya ed impedendo così alla bomba di esplodere: un intervento che ha evitato una strage ancor più grave.

Certo, la ricostruzione sembra fatta apposta per permettere ai servizi di salvare la faccia, proprio nel giorno in cui il Cremlino ha detto che «bisognerà capire» se l'attentato ha una connessione con la presenza di Vladimir Putin a San Pietroburgo. Sia come sia, gli inquirenti hanno pure fatto trapelare che Djalilov - ormai indicato come l'unico attentatore - aveva legami con «i miliziani siriani», lasciando intendere che la pista dell'estremismo islamico è quella più probabile. Una rivendicazione ufficiale, d'altro canto, ancora manca: l'audio di 36 minuti pubblicato dal portavoce dell'Isis, Abu Al-Hasan Al-Muhajir, in cui esorta i jihadisti ad attaccare l'Europa, la Russia e gli Stati Uniti perché «la guerra contro i nostri nemici è globale» non si classifica come tale.

A San Pietroburgo, intanto, la giornata è stata scandita da continui falsi allarmi e ripetute chiusure delle stazioni della metropolitana, mentre la città ha osservato il primo dei tre giorni di lutto cittadino. Ora è necessario prendere «misure di sicurezza extra» per controllare chi prende i mezzi pubblici, ha avvertito il premier Dmitri Medvedev.

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