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STATI UNITINessun matrimonio gay "in nome di Dio"

01.09.15 - 19:46
Un'impiegata della contea di Rowan in Kentucky ha rifiutato la licenza di nozze ad una coppia omosessuale, benché la Corte suprema abbia dato l'assenso
Nessun matrimonio gay "in nome di Dio"
Un'impiegata della contea di Rowan in Kentucky ha rifiutato la licenza di nozze ad una coppia omosessuale, benché la Corte suprema abbia dato l'assenso

WASHINGTON - Le nozze tra persone omosessuali non si faranno, e questo "in nome di Dio": si infiamma la polemica nel Kentucky per la decisione di un'impiegata della contea di Rowan di rifiutare nuovamente le licenze di matrimonio ad alcune coppie gay, nonostante ieri la Corte suprema americana abbia respinto il suo ricorso.

Kim Davis questa mattina ha negato i visti necessari per le nozze ad almeno due coppie, invocando il suo credo religioso e "l'autorità di Dio". Tutto ciò nonostante lo stato del Kentucky abbia accettato i matrimoni tra persone dello stesso sesso e la Corte Suprema abbia rigettato proprio ieri l'ultima istanza presentata dalla Davis.

In un primo momento, come riportano i media statunitensi, l'impiegata ha deciso di rimanere barricata nel suo ufficio con la porta chiusa e le persiane abbassate. Quindi è uscita, dicendo alle coppie e agli attivisti in attesa che l'ufficio continuava a negare le licenze in base "all'autorità di Dio".

Il suo atteggiamento ha infiammato non poco gli animi, soprattutto quando davanti alla funzionaria si sono presentati David Moore e David Ermold, una coppia da lei già respinta quattro volte. Nuovamente, Davis ha chiesto loro di andarsene, ma i due hanno ribattuto: "Non ce ne andremo finché non avremo la licenza". "Allora avrete davanti a voi una lunga giornata", ha quindi commentato la donna, scatenando le ire degli attivisti per i diritti omosessuali che hanno assistito alla scena.

Nei due mesi successivi alla sentenza, emessa della Corte Suprema nel mese di giugno, secondo cui le nozze sono un diritto garantito dalla Costituzione anche tra omosessuali, Kim Davis non ha voluto rilasciare nemmeno una licenza. Quattro coppie - due gay e due etero - le hanno fatto causa, affermando che deve adempiere i suoi doveri, nonostante le personali convinzioni religiose.

Ieri il suo avvocato ha fatto sapere che la sua assistita avrebbe "riflettuto e pregato tutta la notte sulla decisione da prendere". Ma questa mattina, malgrado la notte di riflessione, la donna non si era spostata di un millimetro dalla sua decisione originale, ribadendo per l'ennesima volta il suo invariato ritornello: la sua profonda fede cristiana non le permette di approvare i matrimoni gay. Punto e basta.

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