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STATI UNITILa salute mentale di Trump continua a far discutere

07.01.18 - 17:25
Secondo il capo della Cia il presidente - che prossimamente dovrebbe sottoporsi a visite mediche - è «completamente idoneo», ma l'autore del discusso libro non fa marcia indietro
Keystone / EPA
La salute mentale di Trump continua a far discutere
Secondo il capo della Cia il presidente - che prossimamente dovrebbe sottoporsi a visite mediche - è «completamente idoneo», ma l'autore del discusso libro non fa marcia indietro

WASHINGTON - Anche il capo della Cia Mike Pompeo, dopo il segretario di Stato Rex Tillerson, corre in soccorso del presidente Usa Donald Trump difendendone le facoltà mentali, dopo che sono state messe in discussione dal libro di Michael Wolff.

Trump è «completamente idoneo» ad essere il commander in chief, ha assicurato in una intervista a Fox news Pompeo, che fornisce al presidente i suoi regolari briefing di intelligence.

A suo avviso, il tycoon è pienamente coinvolto, comprende le questioni complesse e fa domande difficili. Questioni come quelle sul suo stato di salute mentale, ha proseguito, arrivano da «persone che semplicemente non hanno accettato che Donald Trump è il presidente degli Stati Uniti e mi dispiace per loro».

Visita medica nei prossimi mesi - Se verrà mantenuta la promessa fatta all'inizio di dicembre dalla portavoce della Casa Bianca, Sarah Sanders, il presidente Usa Donald Trump sarà esaminato nei prossimi mesi dai medici del Walter Reed National Military Medical Center e i risultati delle visite saranno resi noti. Lo ricordano alcuni media Usa.

«Ha una visita programmata per la prima parte del prossimo anno, la visita completa cui si sono sottoposti quasi tutti i presidenti», aveva annunciato la Sanders il 7 dicembre scorso.

Trump, 71 anni, è la persona più vecchia eletta alla Casa Bianca e durante la campagna si è rifiutato di svelare dettagliati dati medici sul suo stato di salute, salvo una grottesca lettera del suo medico di famiglia secondo la quale, in caso di vittoria, sarebbe stato «l'individuo più sano mai eletto alla presidenza».

Wolff lancia nuove accuse - Nuove accuse riguardanti i presunti problemi mentali del presidente americano Donald Trump vengono lanciate dal giornalista e autore Michael Wolff, dopo quelle nel suo libro appena uscito 'Fire and Fury'.

In un'intervista al Mail on Sunday ha affermato che secondo alcuni funzionari della Casa Bianca il 71enne leader Usa soffrirebbe di difficoltà di apprendimento o forse perfino di demenza senile. Per Wolff inoltre Trump sarebbe così ignorante rispetto alla Gran Bretagna da non sapere nulla della Brexit fino a poche settimane dal referendum del 2016.

L'autore ribadisce quanto scritto su Tony Blair, che nel febbraio 2017 avrebbe avvertito i collaboratori del presidente americano sul fatto che gli agenti di Londra avessero spiato il team dell'ex tycoon nel corso delle elezioni per la Casa Bianca. Wolff, parlando al Mail on Sunday, ha anche sottolineato che Trump sarebbe talmente permaloso che un mancato invito al matrimonio del principe Harry e Meghan Markle metterebbe a rischio un accordo commerciale post Brexit tra Usa e Gran Bretagna. 

Bernstein: i repubblicani s'interroghino su Trump - «È arrivato il momento di mettere l'interesse nazionale sopra a quelli di partito»: Carl Bernstein, il leggendario giornalista che con Bob Woodward svelò i retroscena dello scandalo Watergate, ha invitato oggi i repubblicani a consultarsi su cosa pensano dello stato di salute di Donald Trump, dopo che la sua stabilità è stata messa in discussione nuovamente dal libro 'Fire and fury'. Che il suo entourage dubiti della sue capacità mentali «è una storia senza precedenti», ha sottolineato, lanciando un monito in particolare ai vertici del Grand Old Party.

Poi ha invitato anche i grandi media a mettere in campo i loro reporter per sentire uno ad uno i parlamentari repubblicani per accertare off the record cosa pensano davvero del loro presidente e se ritengono che sia 'idoneo' alla carica. Un appello lanciato in particolare alla tv conservatrice Fox News, che «ha grandi reporter» e «ha più credibilità presso i repubblicani».

Haley: «Nessuno alla Casa Bianca mette in dubbio la stabilità del presidente» - Così l'ambasciatrice Usa all'Onu Nikki Haley, parlando con la ABC, ha difeso Donald Trump. Secondo la Haley, l'autore del libro, Michael Wolff, ha mentito per soldi e per il potere.

Il dietrofront di Bannon - Intanto si è verificata una clamorosa marcia indietro dell'ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon, dopo essere stato ripudiato da Trump per le sue dichiarazioni in "Fire and fury": in un comunicato pubblicato da Axios, Bannon ribadisce il suo «incrollabile» sostegno per il presidente e la sua agenda. Nel contempo, definisce il Russiagate una «caccia alle streghe» e il primogenito di Trump «un patriota e un buon uomo», sostenendo che i suoi commenti sull'incontro «sovversivo» con i russi erano rivolti all'allora capo della campagna Paul Manafort.

«Donald Trump jr è sia un patriota che una brava persona. È stato inarrestabile nel sostegno di suo padre e dell'agenda che ha contribuito a rivoltare il nostro Paese», esordisce Bannon, «rammaricandosi» che «il ritardo nel rispondere al resoconto inaccurato (del libro) riguardante Don Jr abbia tolto l'attenzione dagli storici traguardi del presidente nel suo primo anno di presidenza».

«I miei commenti sull'incontro con i russi - spiega - provenivano dalla mia esperienza di vita come ufficiale della marina di stanza a bordo di un cacciatorpediniere la cui principale missione era di dare la caccia ai sottomarini sovietici».

Riferendosi allo stesso incontro, che aveva definito «sovversivo» e «anti patriottico» sostiene poi che i suoi commenti «erano rivolti a Paul Manafort, un professionista di lungo corso di campagne elettorali con esperienza e conoscenza di come operano i russi. Avrebbe dovuto sapere che sono sleali, furbi e non amici nostri». Bannon ribadisce quindi che «non c'è stata alcuna collusione» con i russi e che «l'indagine è una caccia alle streghe».

L'ex stratega tenta di ricucire anche il suo rapporto personale con Trump, definendo il tycoon «l'unico candidato che avrebbe potuto sfidare e sconfiggere l'apparato della Clinton» e sé stesso come «l'unica persona che finora ha condotto uno sforzo globale per predicare il messaggio di Trump e del Trumpismo».

Bannon quindi si dice pronto a sostenere il presidente nei suoi sforzi per «rendere l'America di nuovo grande».

 

 

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