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LUGANO«Io, donna disabile, in lotta con le FFS»

02.10.17 - 09:53
La battaglia di Silvia Arioli, studentessa di medicina a Monza: «Ogni volta che devo cambiare il treno a Chiasso, nessuno mi assiste». Le Ferrovie: «Miglioramenti in vista»
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«Io, donna disabile, in lotta con le FFS»
La battaglia di Silvia Arioli, studentessa di medicina a Monza: «Ogni volta che devo cambiare il treno a Chiasso, nessuno mi assiste». Le Ferrovie: «Miglioramenti in vista»

LUGANO – Sui social network è seguitissima. I suoi post suscitano sempre decine di reazioni. Lei è Silvia Arioli, classe 1982, affetta da una rara malattia che la costringe a vivere e a muoversi su una sedia a rotelle. Quasi tutti i giorni da Lugano, luogo in cui vive, si reca con il treno a Monza, dove studia medicina. E quotidianamente si trova ad avere problemi alla stazione ferroviaria di Chiasso. «È lì che devo cambiare treno – ammette –. Ma la stazione di Chiasso non è dotata di un’assistenza per le persone disabili. Ogni volta, per passare dal TILO al treno di Trenord, e viceversa, mi trovo a dovere chiedere aiuto ai passanti».
Il marciapiede non è a livello – È una lunga battaglia, quella portata avanti da Silvia. Che, in un certo senso si fa portaparola di tutte quelle persone che si trovano nella sua stessa situazione. «Il fatto è che a Chiasso, contrariamente a quanto accade a Lugano, il marciapiede non è allo stesso livello del treno. E non ci sono rampe di accesso ai vagoni».

La differenza – Silvia ha scritto sia alla Ferrovie Federali Svizzere (FFS), sia alle Ferrovie italiane per spiegare il suo problema. «Dall’Italia ho avuto comprensione. Tanto che a Monza ogni volta c’è un operatore che si occupa di farmi scendere e di farmi salire sul treno. Io devo solo mandare loro settimanalmente l’email con il programma dei miei orari. Dalle FFS, invece, non ho ancora ricevuto nulla di esaustivo. Le ferrovie italiane mi hanno giustamente fatto notare che a Chiasso non possono intervenire. Tocca al personale svizzero occuparsi dei passeggeri che fanno scalo a Chiasso».
Obiettivo 2024 – La 35enne di Lugano è una donna agguerrita. «Sto seguendo una riqualifica. Non voglio mancare alle lezioni. Le FFS sostengono che entro 6-7 anni ci saranno grossi miglioramenti per quanto riguarda l’accessibilità delle stazioni della Svizzera italiana per i disabili. Ma nel frattempo non si possono trovare soluzioni transitorie?»

Lacune – Silvia viaggia molto in treno. «E posso dire che, per quanto riguarda il sostegno ai disabili, le FFS hanno ancora molto da migliorare. Spesso le nostre difficoltà sono invisibili alla “gente normale”. Nella mia situazione anche una banalità può diventare un problema. Eppure pago l’abbonamento completo. Avrei gli stessi diritti degli altri passeggeri».

A norma di legge – Patrick Walser, portavoce delle FFS, non ci sta a vestire i panni del “cattivo”. E puntualizza. «Per i prossimi anni le FFS hanno previsto importanti miglioramenti in merito al tema dei disabili. Già oggi 422 stazioni FFS, ossia più della metà, utilizzate dal 73% dei viaggiatori, sono prive di barriere. La nostra pianificazione per l’applicazione della legge sui disabili entro fine 2023 è a buon punto e sarà concordata nei dettagli con l’Ufficio federale dei trasporti».

Prospettive future – In pratica sono previste misure architettoniche quali rialzi di marciapiede, rialzi parziali o soluzioni che prevedono l'installazione di rampe o ascensori. «Nelle stazioni senza interventi architettonici – fa notare Walser – le FFS applicano le direttive legali con provvedimenti sostitutivi, che prevedono ad esempio che il personale ferroviario fornisca aiuto ai viaggiatori con mobilità ridotta utilizzando rampe pieghevoli o mobilift».

Il caso specifico – Walser si rivolge, infine, a Silvia. E al suo caso specifico. «Il personale può dare una mano ai disabili, ma la richiesta deve essere effettuata, come si può vedere sul nostro sito, con un certo anticipo». «Eppure – conclude Silvia –, finora le FFS mi avevano sempre detto che a Chiasso non vi era personale apposito per questa funzione. Mi sembra che ci sia un po’ di confusione in merito. Ma voglio pensare positivo».

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