Il clima favorevole e un’overdose di cucina etnica riportano i ticinesi e i turisti tra i tavoli di sasso
BELLINZONA – «Noi continuiamo a fare la polenta col paiolo. Non cambieremo mai strada. Perché la gente da noi vuole questo. E infatti da mesi abbiamo il pienone». È il “credo” di Christian Zingg, gerente del Grotto Pozzasc, a Peccia (Lavizzara). È da qui che parte il nostro viaggio tra i grotti della Svizzera italiana. Un settore di nicchia su cui sembra essere tornato a splendere il sole. In tutti i sensi. «La primavera, meteorologicamente parlando, è stata ottima – ammette Massimo Suter, presidente di GastroTicino –. E dell’estate non ci si può certo lamentare finora. L’attività del grotto è stagionale e dipende molto dal clima».
Atmosfera popolare – Il tavolo di sasso. Il boccalino di vino. Il salamino sull’asse di legno. La formaggella dell’alpe. E magari qualche nota di fisarmonica a creare quell’inconfondibile atmosfera popolare. «C’è tanta voglia di semplicità – sostiene Carlo Franzi, responsabile del Grotto Bassa, situato in mezzo ai boschi di Lumino –. Io servo soprattutto piatti freddi. I clienti mi chiedono il prosciutto della Mesolcina, la carne secca. Come piatto caldo ogni tanto faccio la “büseca”, con la ricetta di mia nonna. La mia clientela? In prevalenza locale».
Una tappa obbligata – «Ma è inutile nascondere che gli affari molti grotti li fanno in particolare con i turisti – puntualizza Suter –. E siccome quest’anno il turismo sta andando generalmente bene, è normale che anche i grotti ne beneficino». E c’è dell’altro. «Con il passare del tempo il concetto di grotto è diventato un marchio di qualità. Probabilmente si è lavorato bene a livello di marketing negli ultimi anni. Il grotto ce l’abbiamo solo noi, nella Svizzera italiana. Ed è giusto che una tappa al grotto sia d’obbligo per chi ci rende visita».
Antiche tradizioni – Si varca il Monte Ceneri. Giù, giù fino al Mendrisiotto. Ma la “musica” non cambia. «Non abbiamo mai venduto così tanta polenta e gorgonzola come quest’anno – fa notare Fiorella Lupi, che col marito porta avanzi l’Antico Grotto Fossati di Meride da ben 38 anni –. C’è il desiderio di riscoprire le antiche tradizioni, da parte della clientela. Anche il risotto, il brasato e l’ossobuco vanno forte». «Forse – ipotizza Suter – perché, vivendo in un’epoca in cui spopola la cucina etnica e globalizzata, si sente la necessità di riabbracciare i sapori locali».
Vivere un’esperienza – Voglia di grotto, nonostante in alcuni casi i prezzi siano piuttosto alti. Ma anche di vivere un’esperienza. Lo sa bene Mattia Majdak, che lavora al Grotto Descanso, alle Cantine di Gandria. «Noi siamo raggiungibili solo via barca – spiega –. La cornice per chi si siede ai nostri tavoli è incantevole, siamo sul lago Ceresio. Puntiamo molto sulla cucina tradizionale. Con qualche innovazione, come ad esempio la “braserada”, carne cruda servita sulla piastra in sasso bollente».
Proposte osé – E poco male se in alcuni esercizi stanno spuntando proposte un po’ troppo azzardate, snaturando il concetto stesso di grotto. Dalle patate fritte alla pizza, arrivando anche ai gamberoni. «Il gerente è libero di attuare la strategia che preferisce – conclude Suter –. In alcuni casi lo si fa per venire incontro alle esigenze dei bambini, o per proporre alcune alternative. In fondo se si decide di optare per certe soluzioni, significa che c’è una determinata richiesta».
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