Frontalieri della scuola, ma al contrario. Le mamme: «Costrette a venire in Italia perché il sistema ticinese è penalizzante»
COMO - Il figlio di Mara, 11 anni, lunedì è rimasto a casa da scuola. "Colpa" del referendum italiano. Lo stesso vale per il 25 aprile, la festa della Repubblica, e le altre feste d'oltre confine. Anche se è svizzero, e vive a Lugano. Ogni mattina, zaino in spalla, attraversa la dogana per recarsi a lezione. Il motivo? «A mio figlio è stata diagnosticata una forma di dislessia» spiega Mara. «Mi sono informata, e ho fatto quello che fanno tanti genitori ticinesi nella mia stessa situazione».
«Richieste dalla Svizzera in aumento» - Sono decine gli scolari residenti in Ticino che frequentano le scuole medie nei comuni italiani di frontiera. Campione, Como, Ponte Tresa e Valsolda le più gettonate. In tutto, negli ultimi due anni ne sono passati oltre 180 solo dal Centro Vela di Como, specializzato in diagnosi e riabilitazione dei disturbi dell'apprendimento. «Abbiamo avuto un vero boom di utenti dalla Svizzera» conferma la direttrice Verena Bassani.
L'incontro - Nella sede della struttura, tio.ch-20 minuti ha avuto un incontro con quattro genitori di bambini dislessici e con sindrome di Down. Sono tutti ticinesi. «Abbiamo deciso di iscrivere i nostri figli nelle scuole italiane, avremmo volentieri evitato ma non c'era altra scelta» raccontano: «La verità è che qui abbiamo trovato un servizio migliore rispetto alle scuole del nostro Cantone». In Italia infatti «il sistema scolastico prevede l'integrazione totale degli studenti con problemi di apprendimento, i quali seguendo percorsi di riabilitazione a margine delle lezioni, riescono a ottenere la stessa istruzione dei loro compagni» spiega Bassani.
Sistemi diversi - In Ticino non funziona così. E il problema non è nuovo: a novembre, al riguardo è stata presentata in Gran consiglio un'interrogazione inter-partitica firmata da 23 parlamentari, che definisce «discriminante» il sistema scolastico ticinese, che separa le scuole "normali" da quelle "speciali" dove vengono relegati i bambini con handicap. «Di fatto, è una forma di segregazione. Che ha pesanti conseguenze formative in quanto i ragazzi con disabilità ricevono una formazione di serie B» spiega la dottoressa Antonella Veronesi, fondatrice dell’associazione Down Universe e mamma di Nathan, un bambino Down. «Da quanto l’ho iscritto alla scuola elementare di Campione - racconta - mio figlio ha fatto enormi progressi. Lì studia tutte le materie, riceve la stessa formazione degli altri studenti. Se la cava bene».
La cassa malati latita - E il merito è (anche) degli operatori del Centro Vela: 18 tra neuropsichiatri, logopedisti, esperti di psicomotricità che assistono i bambini nella riabilitazione. Il servizio però «purtroppo non è coperto dalle casse malati» protestano i genitori. Che, oltre a farsi la strada, devono pagare. «Ma per i nostri figli - spiegano - questo e altro».