L'azienda olandese dell'acciaio rischia il fallimento. Rolando Lepori di Unia: «Caso emblematico per capire cosa sta succedendo in Ticino»
STABIO - Ancora una brutta notizia sul fronte dell'occupazione in Ticino. Dopo l'annuncio del trasferimento di Armani a Milano, giunge la notizia del licenziamento di tutti e 33 gli operai della Delta Stahlröhre BV, azienda olandese dell'acciaio presente a Stabio che, dopo 25 anni di vita, si ritrova ora sull'orlo del fallimento.
«Non più concorrenziali» - Le difficoltà finanziarie dell'azienda di Stabio sono originate dal costo del lavoro e della produzione in Svizzera che - come si legge nella lettera consegnata ai dipendenti - «non permette più di essere concorrenziali rispetto ai normali parametri dei costi di fabbricazione europei».
«Serve una riflessione sullo sviluppo del nostro territorio» - Questa giustificazione, secondo Rolando Lepori, segretario di Unia, è significativa per comprendere quanto sta succedendo nel Ticino del "capannone d'importazione". Storicamente rimasto escluso dalla tradizione industriale lombardo-piemontese, il Ticino ha optato sostanzialmente ad una politica economica a favore delle aziende d'importazione, basata sostanzialmente sugli sconti fiscali e sulla possibilità di poter reperire personale qualificato a prezzi molto allettanti. Se poi si considera che, differentemente ai Paesi a noi vicini, nelle imprese non vi sono delegati sindacali e le aziende sono libere di non firmare un contratto collettivo di lavoro, la partenza e la chiusura di aziende straniere dal territorio ticinese solleva non pochi interrogativi e impone una riflessione sul modello di sviluppo nel nostro territorio. Quando vi è poi la possibilità di mettere i lavoratori uno contro l'altro (lavoratori contro residenti) e dove non ci sono contratti collettivi di lavoro o dove non valgono per tutti è ovvio che sono le aziende ad approfittarsene di questa situazione.
Il fisco che ingolosisce le aziende - «Per anni, Mendrisiotto su tutti, si sono insediate nel nostro territorio aziende estere a basso valore aggiunto per mera speculazione. Ma non solo. La manodopera qualificata a basso costo, a disposizione in grande quantità in Lombardia, e i vantaggi fiscali sono ulteriori elementi che hanno attratto molte imprese. Questo, sotto il punto di vista morale ed etico è deprecabile perché, in questo modo, non abbiamo fatto altro che togliere risorse importanti dai Paesi esteri», ha commentato il segretario di Unia.
«Basta speculare sulla quantità» - Adesso pare che il giocattolo si stia rompendo. «La nuova normativa sulle imposizione delle imprese (la cosiddetta Riforma III dell'imposizione delle imprese, ndr) complicherà la vita e non di poco alle aziende e il rientro in Patria di alcune realtà industriali rappresentano una situazione inedita e una sfida difficile da affrontare per il futuro», ha continuato Lepori. In altre parole, la pacchia è finita. «Il Ticino non può più speculare sulla quantità. Fino a qualche anno fa si credeva che la somma di tante aziende a basso valore aggiunto avrebbe creato lavoro e generato molte entrate fiscali da ridistribuire sul territorio. «In tutti i casi non sempre le aziende fanno utili e non tutti i dirigenti abitano in Ticino. Inoltre ci sono aziende al limite della sopravvivenza che ricorrono allo strumento della disoccupazione parziale. E ciò rappresenta un costo che viene assunto dalla società», ha ricordato Lepori.
I nodi vengono al pettine - Oggi, invece, ci si è accorti che il costo sociale di questo modello di sviluppo economico si sta rivelando più alto rispetto al beneficio economico che ne deriva. «Se facciamo un bilancio tra i vantaggi e gli svantaggi è evidente che il saldo è negativo. Il traffico che paralizza il Mendrisiotto si ripercuote sulla qualità di vita dei suoi abitanti, la qualità dell'aria, l'urbanizzazione, i costi della salute non sono che alcuni degli svantaggi. E' emblematico quanto successo a Ligornetto. E' bastato chiudere una stradina che passa per il centro del paese per creare un problema di traffico pazzesco. Questa non è che la conferma di un territorio giunto ormai al limite delle proprie possibilità».
Quale modello di sviluppo? - Secondo Lepori urge al più presto un nuovo ripensamento generale sul modello di sviluppo del Ticino. «Dovremmo aprire una riflessione seria e approfondita sul modello di sviluppo nel nostro territorio. Dobbiamo trovare un equilibrio affinché le aziende che si installano da noi non portino soltanto posti di lavoro a basso valore aggiunto, non occupino soltanto lavoratori frontalieri e non generino un problema di traffico ormai divenuto insostenibile. Anche perché se guardiamo il voto di domenica in Ticino, con i ticinesi che hanno votato a favore dell'espulsione dei criminali stranieri, ci rendiamo conto quanto questo risultato sia il risultato di una politica miope che ha generato una reazione sconsiderata, in cui lo straniero diventa automaticamente un criminale», ha concluso il segretario regionale di Unia.
E per quanto riguarda il futuro dei dipendenti della Delta? Unia farà quello che potrà, anche se gli spazi di manovra sono molto ristretti.