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STATI UNITIJulianne Moore, la sua donna colpita da Alzheimer è da Oscar

23.02.15 - 15:04
L'interpretazione in "Still Alice" ha coronato una carriera costellata da cinque candidature all'Oscar, un infinito elenco di altre nomination e premi in una carriera tutta in salita
Julianne Moore, la sua donna colpita da Alzheimer è da Oscar
L'interpretazione in "Still Alice" ha coronato una carriera costellata da cinque candidature all'Oscar, un infinito elenco di altre nomination e premi in una carriera tutta in salita

LOS ANGELES - Cinque candidature all'Oscar, un infinito elenco di altre nomination e premi in una carriera tutta in salita e finalmente quella statuetta in mano: Julianne Moore è il ritratto della felicità e la sua foto con l'incontenibile soddisfazione è tra i simboli degli Oscar 2015. Ha vinto il massimo riconoscimento hollywoodiano per l'interpretazione di una donna colpita da Alzheimer in "Still Alice", il dramma di Richard Glatzer e Wash Westmoreland ("Perdersi di Lisa", Genova, edizioni Piemme).

"Ha una capacità unica di essere 'tosta' e vulnerabile al tempo stesso. Come attrice, mette nel film tutta se stessa, lavorando sui dettagli abbastanza da essere cedibile, ma mai troppo da perdere la spontaneità", la frase è dei registi Scott McGehee e David Siegel che l'hanno diretta in "Maise", e fotografa benissimo il tratto distintivo della Moore, che ha abituato gli spettatori a performance interpretative eccezionali. Del resto a Cannes era stata premiata, e giustamente, per la schizzata attrice hollywoodiana di "Maps to the stars" di Cronenberg.

Nata il 3 dicembre 1960 a Fort Bragg nella Carolina del Nord, Julianne Moore, figlia di un pilota militare, è cresciuta tra la Germania e gli Stati Uniti. I suoi successi arrivano dopo tanti complimenti ma una lunga gavetta cominciata nell'off Broadway a New York dove si è trasferita a 23 anni. Prima la tv, con l'Emmy nell'88 per la soap "Così gira il mondo", poi il cinema. È il grande Robert Altman a lanciarla definitivamente con "America Oggi", per il quale viene candidata nel '94 agli Independent Spirit.

Con il cinema indipendente una lunga relazione d'amore reciproco: da Safe diventa l'attrice feticcio di Todd Haynes che la vuole in "Lontano dal Paradiso" (nomination all'Oscar come migliore attrice e Coppa Volpi a Venezia) e "Io non sono qui". E in questi anni ha messo le sue intense doti interpretative al servizio di registi e film importanti come "Boogie Nights" e "Magnolia" di Paul Thomas Anderson, "Il grande Lebowski" dei Coen, "The Hours" di Stephen Daldry (altra nomination come non protagonista), I ragazzi stanno bene di Lisa Cholodenko per citarne solo alcuni. Poche le concessioni ai blockbuster: "Il mondo Perduto - Jurassic Park" di Steven Spielberg e "Hunger Games - Il canto della rivolta" di Francis Lawrence.

Elegante, amata anche nell'ambiente della moda, Julianne Moore (vero nome Julie Anne Smith), è molto impegnata socialmente per i diritti degli omosessuali. Ha la doppia cittadinanza americana e britannica, è sposata dal 2003 con il regista Bart Freundlich, conosciuto nel 1996 sul set de "I segreti del cuore" e ha due figli, Caleb e Liv.

Nel film che le ha dato l'ambita statuetta dorata, Julianne Moore è la cinquantenne Alice, brillante e bella docente di linguistica alla Columbia, sposata felicemente con Tom (Alec Baldwin) e madre di tre figli grandi. Quando affronta un paio di episodi di perdita di orientamento e problemi nell'esprimersi decide di sottoporsi a dei controlli, la diagnosi è drammatica: Alzheimer precoce, di tipo familiare. La Moore fa di Alice non una vittima, ma una combattente ed è questo che, pur in un'atmosfera di grande commozione, rende speciale il film che aveva riscosso successo a Toronto e poi al festival di Roma, poi distribuito in sala da Good Films.

"Sul set, guardando Julianne, sentivamo che stavamo facendo qualcosa di speciale. È sicuramente la più grande attrice americana che non abbia ancora vinto un Oscar - aveva detto a Roma il regista Wash Westmoreland -. Nella sua interpretazione senti tutto il dolore del senso di perdita della memoria e della capacità di comunicare". Il rischio del melodrammatico era dietro l'angolo, il film sceglie invece la strada del riserbo e pudore, riuscendo così a stabilire una grande empatia con il pubblico. Alice vive giorno per giorno la perdita di ricordi, parole, volti, ma non si arrende, lotta contro il male. Una battaglia nella quale le resta vicino soprattutto la figlia minore Lydia (l'ex Twilight Kristen Stewart, sempre più brava).

Dopo "Still Alice" Julianne Moore, attualmente nelle sale con "Il settimo figlio", sarà al cinema con "Freeheld" di Peter Sollett e nella seconda parte del Canto della rivolta di Hunger Games, mentre è in preparazione "Maggie's Plan" di Rebecca Miller con cui torna a lavorare dopo il successo di "La vita segreta" della signora Lee.

ats ans

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