Secondo uno studio del Mit, i prezzi sono ormai allineati. E, quando si tratta di cibo, addirittura sono più alti
BOSTON - Attenzione: non fatevi ingannare dal mezzo e dai proclami. Non lo dicono i detrattori di internet e dell'ecommerce, ma gli studi un poco più autorevoli del Mit di Boston: secondo secondo cui non sempre l'affare è online. Anzi, quasi mai. O non nel modo in cui si crede.
Mera pubblicità, per accalappiare cervelli e consumatori. Il vantaggio, in realtà, è un inganno: nel senso che, in sette casi su dieci, la convenienza è solo una convinzione di chi scorre i prodotti e si lascia persuadere in fretta, troppo in fretta, all'acquisto. Alla fine, tutto sommato, il prezzo è identico a quello che si pagherebbe in negozio. «Siamo rimasti anche noi molto sorpresi dai numeri», ammette Alberto Cavallo, professore di Information Technology e Managemet della Sloan School Management del Mit.
Dieci Paesi del mondo, 323 analisti reclutati, 24mila prodotti e 38mila prezzi presi in esame e messi a confronto, in un'indagine partita nel dicembre del 2014 e conclusasi a marzo 2016. Poi la rielaborazione dei dati e la scoperta: nel 72% dei casi, fra "shop" online e fisico non v'era alcuna differenza; addirittura il 91% in Gran Bretagna, il 69% negli Usa e solo il 42% in Brasile.
Lo stupore, è vero, varia anche a seconda di quel che si compera. Se per marchi come Apple e Ikea l'allineamento dei prezzi è una realtà che non indispettisce né coglie alla sprovvista, per l'abbigliamento ci si attendeva qualcosa di meglio. Ma è il cibo a deludere. In altri settori quantomeno si restava in pari; con l'alimentazione ci si perde il 32% delle volte.