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UNIONE EUROPEAIl Regno Unito lascia, i Balcani non vedono l'ora di entrare

29.03.17 - 18:54
Punti di vista differenti sull'Unione
Keystone / EPA
Il Regno Unito lascia, i Balcani non vedono l'ora di entrare
Punti di vista differenti sull'Unione

BRUXELLES - Se la Gran Bretagna dopo 44 anni lascia l'Unione europea, nei Balcani occidentali vi sono sei Paesi che non vedono l'ora di entrare nella Ue.

A turno infatti, e con la stessa ferma determinazione, i dirigenti di Serbia, Montenegro, Macedonia, Bosnia-Erzegovina, Albania e Kosovo, ripetono che la scelta e l'obiettivo strategico dei propri Paesi è la piena integrazione nella grande famiglia europea.

Seguire in pratica quanto fatto da Slovenia e Croazia, gli altri due Paesi della ex Jugoslavia già entrati nell'Unione. E ciò nonostante il periodo poco felice che attraversa l'Unione, fresca delle festose celebrazioni a Roma per il 60esimo anniversario dei Trattati costitutivi ma che è attraversata in lungo e in largo da crisi economica, crescente sfiducia nelle istituzioni comunitarie, emergenza migranti, minaccia terroristica, rafforzamento di movimenti populisti e xenofobi.

Di recente il premier serbo Aleksandar Vucic ha affermato che malgrado tutti questi problemi e le enormi sfide che l'Unione ha davanti a sé, nei Paesi Ue il livello di vita e gli standard di democrazia restano di gran lunga più alti rispetto alla Serbia e agli altri Paesi della regione, che per questo aspirano all'adesione.

«Il nostro obiettivo di entrare il più presto possibile nella Ue resta immutato, indipendentemente dalle attuali dispute e dibattiti interni in seno alla Ue», ha detto da parte sua il ministro degli esteri serbo Ivica Dacic dopo un colloquio oggi a Belgrado con il collega lussemburghese Jean Asselborn. Lo stesso Dacic, in una intervista, ha sottolineato come la Ue sia il maggiore e più importante partner economico e commerciale della Serbia, mentre i sei decenni trascorsi dalla sua nascita «resteranno nella storia come il periodo più prospero dell'Europa. Da continente distrutto dalla guerra, l'Europa è divenuta un leader globale nella promozione dei diritti umani, di uno sviluppo sostenibile e della lotta contro i cambiamenti climatici».

Tuttavia, il 'sogno europeo' delle popolazioni balcaniche ed ex jugoslave oggi non è probabilmente lo stesso di quello che animava i padri fondatori e i Paesi firmatari dei Trattati di Roma, pervasi da ideali nobili di autentica unità e solidarietà in seno al vecchio continente.

È un 'sogno' che assomiglia forse più a quello coltivato e poi realizzato dai Paesi dell'Europa centrorientale ex membri del Patto di Varsavia e dell'area comunista, entrati in blocco nel 2004 nell'Unione, che da allora ha vistosamente cambiato volto. Una adesione cioè vista fondamentalmente in chiave più utilitaristica, non di rado egoistica, come mezzo per attingere ai cospicui fondi comunitari, risolvere i propri problemi infrastrutturali, migliorare il livello di vita della popolazione e poter usufruire di facilitazioni e maggiori opportunità in fatto di scambi economici, viaggi, spostamenti e tanto altro ancora.

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